A VILLA WIDMANN REZZONICO FOSCARI
20 SETTEMBRE 2020
UN NUOVO APPUNTAMENTO IN COSTUME D’EPOCA
NEL BELLISSIMO PARCO DI UNA DELLE
VILLE PIU’ BELLE DELLA RIVIERA DEL BRENTA
UN NUOVO APPUNTAMENTO IN COSTUME D’EPOCA
NEL BELLISSIMO PARCO DI UNA DELLE
VILLE PIU’ BELLE DELLA RIVIERA DEL BRENTA
Al di là della leggenda, che narra la storia del taglio del mantello con cui Martino, durante una “ronda di guardia”, diede da coprirsi a un mendicante infreddolito…. per anni e anni l’ 11 novembre era stato il giorno del rinnovo o meno dei contratti di mezzadria, contratti che riguardavano i proprietari terrieri ed i contadini “mezzadri”.
Questa forma di economia agricola, la “mezzadria”, appunto, venne finalmente abolita, con apposita legge, nella seconda metà del secolo scorso.
San Martino, quindi, in epoca moderna e fino al 1974, quando venne deciso che non potevano più esserci “nuovi contratti di mezzadria”, era il giorno in cui poteva capitare che i mezzadri dovessero raccogliere e caricare su un carro le loro poche cose e allontanarsi dal fondo agricolo dove avevano lavorato. Questo, inoltre, non era un buon biglietto da visita, per cercare un’altra opportunità di lavoro presso un nuovo padrone.
Dopo il 1982, anno di entrata in vigore della legge che aboliva completamente i contratti di mezzadria, trasformandoli in contratti di affitto a coltivatore diretto (su richiesta di una sola delle parti, il colòno), la tradizione dell’ 11 novembre, è andata… via via dimenticata, mentre, il “Fare San Martino”, è rimasta una frase valida per il giorno di trasloco di abitazione.
Per ridare luce e memoria alla tradizione dell’ 11 novembre, oggi diventata un momento per assaggiare il vino novello e le caldarroste, la “Compagnia degli Anelli” e “Fraglia la Vecchia Padova”, si sono date appuntamento in zona “Piazze” del Centro Storico di Padova. Così, noi con gli abiti d’epoca e loro proponendo al numeroso pubblico un libro-raccolta di immagini storiche della città, abbiamo voluto ricordare una data che era stata così significativa anche per l’economia agricola del passato.
ECCO QUALCHE FOTO DEL POMERIGGIO – SERA DELL’ 11 NOVEMBRE 2019 A PADOVA
DI SEGUITO SONO PUBBLICATE ALCUNE IMMAGINI CONTENUTE NELL’ALMANACCO
R.B.
COMPAGNIA DEGLI ANELLI A VILLA WIDMANN REZZONICO FOSCARI
vedi https://compagniadeglianelli.wordpress.com/2018/04/
L’ accoglienza e la disponibilità che ci erano state riservate, avevano fatto pensare alla possibilità di organizzare un picnic d’epoca, nel parco della Villa, da condividere con altri appassionati.
Iniziarono presto i preparativi per l’evento che si chiamò “Colori d’Autunno”.
Una mattina della prima metà di luglio 2019, io e il Presidente Renato Baido, sfrecciammo con la sua Fiat X1/9 verso Villa Widmann, per parlare con la responsabile degli eventi in Villa, dott.ssa Michela Guggia.
Michela si dimostrò molto disponibile riguardo la nostra proposta di un picnic autunnale, ci diede carta bianca sul come organizzarci e fissò con noi la data “il 6 ottobre”.
Renato volle fare un ennesimo sopralluogo per decidere le due aree che avrebbero diviso il picnic in stile ‘700 da quello in stile ‘800, come aveva deciso pochi giorni prima il Direttivo di Compagnia degli Anelli.
Dal cancello d’entrata della Villa si snoda un vialetto di sassi delimitato da alberi di alto fusto, che porta verso le antiche serre e, a destra e a sinistra dello stesso, si aprono le due aree verdi, perfette per suddividere i figuranti, in base all’epoca di riferimento dei loro abiti.
Entusiasti ed eccitati tornammo a casa, per condividere le notizie con i soci della Compagnia……. cominciava così il lavoro organizzativo.
Ma il nostro progetto era molto ambizioso rispetto alla precedente nostra presenza a Villa Widmann … questa volta non saremmo stati soli ma avremmo avuto come piacevoli ospiti gli “Amici del Carnevale di Venezia”…. e non solo loro….. in più sarebbe stato firmato dai due presidenti un “patto d’amicizia”, una sorta di collaborazione tra le due Compagnie, per scambiarci non solo amicizia ma anche storia, cultura del costume, del Carnevale Veneziano e del nostro territorio.
Arrivò il 6 ottobre e anche se il tempo era minaccioso e il nostro evento “colori d’autunno” contò ben 70 figurati in costume d’epoca.
Si respirava un’ atmosfera di altri tempi, quella di tanti… tanti anni prima. Facevano da padroni la bellezza delle Dame dagli abiti ingombranti e corsetti stretti e i modi gentili dei Duchi anch’essi imbellettati con panciotti e parrucconi.
La Villa e il suo Parco rivivevano le “atmosfere degli antichi splendori”.
I quadri e gli affreschi degli interni della Villa ben si sposavano con il passeggiare frenetico di fotografi e figuranti, che si alternavano per le foto dal piano terra al piano rialzato, come a ricordare i tempi delle antiche serate danzanti.
Solitarie coppiette e gruppi più numerosi, presi da discorsi e risate, animavano il parco.
Nel cuore dell’ evento, poi, un vero e proprio ballo ottocentesco, eseguito dagli allievi della scuola di Danza diretta da Adriana Buico, diede la pennellata finale ad un quadro perfetto.
La giornata trascorse veloce e con tanto entusiasmo da parte di tutti e nacquero amicizie tra i presenti, tanto che, nei mesi successivi, ci furono altre uscite alle quali parteciparono, insieme, Compagnia degli Anelli, Amici del Carnevale di Venezia e altri appassionati, ma questa è un’altra storia che vi racconteremo la prossima volta.
Rimane il ricordo di un evento pieno di significati e la voglia e l’entusiasmo di ricominciare con nuovi progetti.
ROMINA MARINELLO
FABIOLA
CHIACCHIERE …. IN STILE ‘ 800
FOTO DI GRUPPO
CON BEATRICE …. APPUNTAMENTO… A SORPRESA !
MARIA BEATRICE E MARIO
AMMICCAMENTI NEL PARCO
FRANCESCA
QUELLI DELL’ ENTROTERRA VENEZIANO
MAURIZIO…. IL CONQUISTATORE…
IL “NOBIL HOMO” …. CONTESO ….
FABIOLA
FABIOLA E FRANCESCA
SAMANTHA E GIAMPAOLO
GIOVANNI E GIUSEPPINA
APPUNTAMENTO ALL’ ALBA
ALL’ ULTIMO SANGUE
DOLCI MELODIE D’AUTUNNO
ALLA CONQUISTA DELLA NOBILE DAMA
…… TRA POCO ARRIVO IO ….
TIZIANA E FABIOLA
PUNTI DI VISTA … FRANCESCA….
FRANCESCA GIAMPAOLO E ALESSIA
LAURA E SERGIO
LEONARDO E PAOLA
PAOLA, MAURIZIO E LEONARDO
PAOLA
IL BALLO ‘800 DI SOCIETA’ DI DANZA CIRCOLO PADOVANO
MICHELA TRA ‘700 E ‘800
PATRIZIA
PIERLUIGI
E’ TUTTO PRONTO….. MA QUALCUNO E’ IN RITARDO….
ANTONIA E LUIGINO
CRISTIAN E SILVANO
LEONARDO E PAOLA
SILVANO, CRISTIAN E ALESSIA
TIZIANA E ROBERTA
ROBERTA
MAURIZIO “IL CONQUISTATORE”…… CONQUISTATO DALL’ARTE …..
OPERE D’ARTE …. CON …. GIAMPAOLO
OPERE D’ARTE CON…. PIERLUIGI
SAMANTHA
LAURA E SERGIO
BELLEZZE A CONFRONTO
LA FIRMA DEL PATTO D’AMICIZIA, TRA COMPAGNIA DEGLI ANELLI E AMICI DEL CARNEVALE DI VENEZIA
IL SALUTO E L’ARRIVEDERCI CON LE BOTTIGLIE DELL’EVENTO
E IL PATTO DI AMICIZIA
lacompagniadeglianelli@gmail.com
Le immagini che scorrono sugli schermi degli smartphone, quando si gira su Facebook, Instagram o dintorni, spesso vengono visualizzate solo per qualche “ nanosecondo ”, correndo subito avanti, nella ricerca spasmodica di “ altro ”…. Il proposito di tornare indietro, per rivedere una foto che sembrava “ un po’ più interessante ”, si arena così sulla spiaggia del poco tempo a disposizione, o altri motivi tra i quali prevalgono “ le nuove ricerche ”……
Per questi motivi finisce, in fretta e furia, la storia di molte immagini pubblicate nei “ social ”, che, per essere realizzate, probabilmente erano costate parecchio tempo, abilità compositive, appropriate valutazioni della luce al momento dello scatto, lavoro di post – produzione, oltre alla pazienza e alla disponibilità dei soggetti fotografati.
Per dare pane al pane e vino al vino e ” per non dimenticare ” ecco una piccola raccolta di immagini pubblicate sulla pagina Facebook di Compagnia degli Anelli, durante i primi 181 giorni del 2019.
Un doveroso ringraziamento ai fotografi che hanno collaborato, ai modelli e alle modelle fotografati e a chi vorrà spendere “un po’ più di un nanosecondo”, per guardare e gustare con calma, ciò che altri hanno prodotto con passione.
* LA STORIA – Vale davvero la pena di raccontarla, la storia della Fondazione Città della Speranza. Il punto di partenza, come spesso accade, è una vicenda personale. Vent’anni fa Franco Masello, un imprenditore vicentino, perde un nipotino a causa di una leucemia. Durante le visite al piccolo Massimo, ricoverato nel reparto di Oncoematologia pediatrica di Padova allora diretto dal professor Luigi Zanesco, Masello si rende conto della difficile situazione della struttura. «Una vergogna», racconta. Il bambino non ce la fa. Ma lo zio decide di non voltare le spalle di fronte a quanto ha visto e il 16 dicembre 1994 assieme a Zilio Virginio, Carlo Mazzocco e allo stesso professor Zanesco dà vita alla Fondazione “Città della Speranza”: in ricordo di Massimo e per dotare l’ospedale di Padova di strutture adeguate. Per la loro iniziativa i fondatori prendono ispirazione da “City of Hope” , una fondazione statunitense della quale apprezzano le modalità operative. In particolare, l’attenzione alla trasparenza, alla gestione del denaro e alla concretezza. Nel giro di quattro anni, grazie ad una raccolta di fondi capillare, la Fondazione realizza il nuovo reparto di Oncoematologia pediatrica, il laboratorio di ricerca e il day hospital. Dall’anno successivo, siamo nel 1999, nasce l’impegno a destinare almeno un milione di euro all’anno, per dieci anni, a favore della ricerca scientifica. A decidere quali siano i progetti più meritevoli, ci pensa un Comitato scientifico internazionale con i migliori specialisti dell’Oncoematologia. E sono più di 100, i progetti già finanziati. Il 2004 segna la svolta: la contessa Anna Maria de Claricini, pediatra milanese originaria di Padova, lascia alla Fondazione 4 milioni e mezzo di euro in memoria del marito, il professor Corrado Scarpitti, per la costruzione di un centro di ricerca pediatrico. L’8 giugno del 2012, l’Istituto di ricerca pediatrica viene inaugurato. «La Fondazione ha raccolto e investito ben oltre 50 milioni di euro finora — dice con orgoglio Masello — senza nessunissimo interesse, senza un centesimo di scandalo su soldi “girati” in altro modo. Siamo sicuramente rispettati, perchè abbiamo fatto e continuiamo a fare». La Fondazione Città della Speranza onlus, che compie 20 anni, è proprietaria dei terreni e della torre e, per una questione fiscale, li ha dati in usufrutto alla Fondazione Istituto di ricerca costituita dalla stessa Fondazione Città della Speranza, da Azienda ospedaliera e Università di Padova, Fondazione Cariparo, Comune di Padova e Camera di Commercio.
LA TORRE — Il Centro è una struttura imponente, tutta tecnologia e granito della Carnia, appoggiata su una collinetta artificiale all’interno del campus del Centro nazionale ricerche di Padova. Non ci si occupa soltanto di tumori e malattie del sangue, come era previsto all’inizio, ma dell’intero spettro delle patologie pediatriche. «È costato 32 milioni di euro, perché abbiamo messo tutto quello che occorreva — spiega Masello —. Abbiamo pensato che se vogliamo confrontarci con il mondo dobbiamo essere un’eccellenza. La struttura è antisismica e solo gli impianti tecnologici sono costati 12 milioni. Abbiamo anche 300 sensori che controllano ogni angolo». Funzionano, lo possiamo testimoniare. Un quarto d’ora dopo essere entrati, è partito l’allarme antincendio e una vocina metallica ha continuato a ripetere di evacuare l’edificio. Per fortuna si trattava solo di uno sbuffo di polvere, subito rilevato. Ma i ricercatori presenti stavano già uscendo.
I RICERCATORI — Il “motore” del nuovo Centro sono loro, i ricercatori. Li incontriamo in una delle sale riunioni al piano terra, che nelle intenzioni della Fondazione ospiteranno eventi, mostre d’arte per aprire il Centro alla gente e favorire l’integrazione con il territorio. Sono molto giovani, donne soprattutto, con due “fuori quota” però di rango come il professor Giampaolo Tonini, super-esperto di neuroblastoma (tumore pediatrico con frequenza elevata in età prescolare) arrivato dall’ospedale Gaslini di Genova, e il professor Giuseppe Basso, direttore dell’Oncoematologia pediatrica di Padova, assieme a Monza centro di riferimento per le diagnosi di leucemia da tutta Italia. Nei laboratori della torre ci si occupa di studi sul genoma delle malattie, citogenetica, nuovi farmaci, ricerca di base su modelli animali come lo zebrafish per capire come si comportano alcuni tipi di tumori sopratutto quelli del sistema nervoso centrale. C’è il gruppo Cellule staminali e medicina rigenerativa, di cui sono responsabili Paolo De Coppi (che però è di stanza a Londra) e Michela Pozzobon, dedicato allo studio delle staminali presenti nel liquido amniotico durante la gestazione e quelle presenti nel muscolo scheletrico. Maurizio Scarpa, esperto di malattie metaboliche, guida invece il gruppo di studio sulle Malattie lisosomiali. La torre ospita anche la Fondazione Penta, una rete internazionale impegnata nella gestione di vari progetti e trial clinici. I primi sette piani dell’edificio sono già tutti occupati. A marzo si concluderà il trasferimento dei laboratori pediatrici di ospedale e università. La Fondazione ha concesso loro gli spazi, senza pretendere un euro. Agli altri inquilini invece viene chiesto un affitto, per pagare i costi di gestione della sede e continuare a finanziare la ricerca. Un’azienda tedesca di diagnostica, porterà qui i suoi laboratori.
I VOLONTARI — Sono l’anima della Fondazione, che è un vero movimento di popolo. «Il bello della nostra Fondazione è che ci sono tutti: dall’avvocato all’ingegnere, allo spazzino , all’idraulico, all’elettricista e tutti fanno pacchetti, cioè si danno da fare per raccogliere qualcosa. Nel volontariato non ci sono differenze basate sul livello sociale — sottolinea Masello —. In Fondazione entra chi vuole ed esce quando vuole. Non abbiamo quote di iscrizione. Facciamo solo un’assicurazione soprattutto per i volontari, unico costo che supportiamo per qualche migliaio di euro l’anno. Quanti sono? In Veneto superiamo sicuramente le 10 mila persone» . Tutti prestano la propria opera gratuitamente. Lo hanno fatto anche l’architetto Portoghesi, mentre le aziende che hanno realizzato la torre hanno lavorato a prezzo di costo o addirittura sotto costo. Il terreno di 10 mila metri su cui sorge l’Istituto è stato regalato dal Consorzio zona industriale di Padova. «I nostri costi di gestione rappresentano l’1,4% di quanto raccogliamo — dice Masello —. Finito. Non c’è nessun rimborso spese . Tutto è assolutamente gratuito. Chi ha denaro, dà denaro e chi ha tempo, dà tempo». «Dobbiamo ricordarci delle persone che ogni giorno si prodigano per questo progetto — aggiunge Stefania Fochesato presidente della Fondazione Città della Speranza —. Grazie a loro, più o meno raccogliamo tra i 3,5 e i 4 milioni l’anno principalmente nelle provincie di Vicenza e Padova. Di questi, circa 700-800 mila euro provengono dal 5xMille: con oltre 35 mila preferenze, siamo al 26esimo posto su 33 mila associazioni a livello nazionale. Il resto arriva da donazioni e attività che i volontari si inventano per raccogliere fondi. A Natale, abbiamo venduto 12 mila panettoni. Ogni anno stampiamo un libro e lo vendiamo ricavando 60 mila euro. Altri 100 mila li raccogliamo con il “Gusto per la ricerca”: i migliori chef italiani si riuniscono e preparano cene, dove si paga dai 300 ai 1.000 euro; 50 mila euro provengono dal Guinness dei primati e abbiamo tante altre iniziative. Ne organizziamo circa 400 l’anno. Il bello è che riusciamo a coinvolgere tutti gli strati sociali, perchè c’è la manifestazione dove con 5 euro partecipi alla corsa piuttosto che quella di alto livello appunto».
IL GEMELLAGGIO “ETICO” DEI COMUNI — Se passate da Padova o Vicenza o da qualche altro comune della zona, date un’occhiata ai cartelli di ingresso della città. Da solo o assieme ad altri, troverete anche il “gemellaggio” con la Città della Speranza. Fino ad oggi, sono 126 i comuni gemellati. Ma anche su questa iniziativa, la Fondazione mostra originalità e rigore. Non basta mettere fuori i cartelli. « Chiediamo ai comuni un impegno di trasparenza reciproca nella gestione delle attività di volontariato che hanno sul territorio e nella gestione dei bilanci, proprio per creare un’etica nel mondo del volontariato — spiega Masello —. Se una città vuole gemellarsi, deve approvare una Charta in consiglio comunale e in giunta. La Charta obbliga a mettere a disposizione una bacheca in cui tutte le associazioni no profit del territorio si obbligano a esporre ogni anno il bilancio. Per ogni manifestazione organizzata, le associazioni devono relazionare ai cittadini su cosa è stato fatto, quanto soldi hanno ricavato e come sono stati utilizzati. Il comune inoltre si obbliga ad invitare chiunque faccia parte del no profit ad andare due volte l’anno nelle scuole secondarie e primarie a parlare di responsabilità civile e quindi a costruire un percorso». Le adesioni sono fioccate numerose ma nella scelta di alcuni comuni tira aria di “opportunismo” e adesso partiranno le verifiche. «Non vogliamo che nessuno se ne approfitti per farsi pubblicità — dichiara battagliero Masello -. Non la cerchiamo. Cerchiamo serietà di comportamento ed etica. Tra poco faremo una riunione con tutti i comuni gemellati e diremo che chi non rispetta la Charta perderà il gemellaggio. Tirerò via il cartello io stesso e non vedo l’ora già di andare a strappare via il primo……».
POLO DI ATTRAZIONE — Ma è proprio nell’impostazione della ricerca che la Fondazione gioca la vera sfida. Sentiamo Marco Agostini, uno dei tre giovani ricercatori di un nuovo gruppo che entrerà nella torre. Agostini è affiliato del Methodist Hospital Research Institute di Houston, diretto da Mauro Ferrari, e sta portando avanti un progetto con loro e con il Cnr , che consentirà anche uno scambio di ricercatori tra Padova e Houston. «Ho vinto un grant della Fondazione Cariparo, in collaborazione con la Fondazione Città della Speranza, per una ricerca sulle applicazioni di nanotecnologie per la quantificazione della biodisponibilità del farmaco circolante. Sono già dipendente di una struttura, il Dipartimento di scienze oncologiche e chirurgiche dell’Università di Padova, ma ho scelto l’Istituto di ricerca pediatrica perchè nel Nord Est rappresenta probabilmente l’unica realtà che può diventare veramente un trampolino di lancio per i giovani ricercatori. Al di la della struttura nuova, è affascinante la gestione che non è legata a dinamiche prettamente politico- scientifiche ma è amministrata da persone per cui la ricerca deve raggiungere risultati». Proprio in questo concetto sta la “rivoluzione” che i fondatori della Città della Speranza vogliono realizzare. «Il ricercatore che ha le idee deve trovarsi il proprio finanziatore — dice Masello —. La Fondazione dà una base, ma poi lui deve imparare a fare il marketing per se stesso, a promuovere la sua attività. Il sogno sarebbe produrre un ricerca che porti dei risultati e che si creino aziende per utilizzarli, ma vere non quelle che falliscono dopo 3 giorni. Perchè le “spin off “universitarie per due terzi sono dei fallimenti: mancano la capacità di rischio e l’abnegazione per il lavoro».
ABBATTERE GLI OSTACOLI – La meta finale è diventare un punto di riferimento per la ricerca pediatrica, con particolare attenzione all’oncoematologia infantile, in tutta Europa. Ma ci sono parecchi ostacoli davanti al cammino. Il presidente dell’Istituto per la ricerca pediatrica ha un’idea ben precisa: «Per questa torre — dice senza peli sulla lingua — auspichiamo in primo luogo di eliminare tutte le “baronie” universitarie, nel tempo con calma e con tranquillità, e fare spazio ai ricercatori che producono risultati e non a quelli inseriti in un certo entourage. La scelta dei dottorati di ricerca sarà fatta da una commissione e non la lasceremo più al singolo. Se vorrà farlo, il dottorato dovrà pagarselo lui. Applichiamo, come si dice da queste parti, l’Articolo quinto: “Chi ga i schei , ga vinto”. Ovvero, chi ha i soldi decide. Il mio obiettivo è di raccogliere 10 milioni di euro l’anno per finanziare il pagamento di 200 ricercatori, solo dipendenti della Fondazione Città della Speranza». Per raggiungere questo ulteriore obiettivo, occorre dunque uscire dall’ambito strettamente locale. «Se vogliamo diventare un centro di eccellenza a livello europeo e mondiale — conclude Masello — dobbiamo guardare assolutamente a un orizzonte molto più ampio. Bisogna fare un salto di qualità: primo, con la nomina di un direttore scientifico, che oggi non c’è perché l’Università non ha ancora ultimato i trasferimenti previsti. Dobbiamo cercare un ricercatore-manager di alto livello. E poi dobbiamo cercare fondi e finanziamenti in maniera diversa, se no rischiamo sempre di restare solo una bella favola. Invece ci interessa il risultato : portare qui “cervelli” a occuparsi di queste patologie, che ancora lasciano troppe vittime per strada».
(fonte Corriere della Sera)
Asolo, che fa parte del club dei borghi più belli d’Italia,
è un comune italiano di circa 9.000 abitanti.
Asolo si trova in Veneto, in provincia di Treviso e lunga è la sua storia.
Questo borgo, infatti, ebbe il suo massimo splendore sotto il dominio della Serenissima Repubblica di Venezia……. Prima di tutto, infatti, Venezia favorì Asolo attraverso sgravi fiscali, in modo da favorire il ripopolamento della zona, con famiglie provenienti dal Feltrino, dal Trevigiano e dalle Valli Bergamasche. A ciò si aggiunse Caterina Cornaro, già regina di Cipro, che, dal 1489, abitò nel Castello con al seguito una ricca corte di artisti e poeti.
La città fu poi al centro dei grandi sconvolgimenti, dovuti principalmente alla guerra della Lega di Cambrai.
Nel 1509 Asolo si arrese all’arrivo delle truppe dell’imperatore Massimiliano, ma, già l’anno dopo, tornò sotto Venezia.
A partire dal Seicento, tuttavia, incominciò per Asolo un grave declino e sua la crisi economica derivò sia da alcuni eventi catastrofici, come le carestie, che, soprattutto, dagli effetti del terremoto di Santa Costanza (25 febbraio 1695), terremoto che devastò completamente il territorio.
Nel 1742 Asolo ottenne il titolo di “città” e, nel 1750, vi fu fondata l’Accademia dei Rinnovati. Ciò diede un forte impulso all’ambiente letterario del centro.
Alla vigilia della caduta di Venezia, il territorio asolano fu teatro degli scontri fra i Francesi di Napoleone e gli Austriaci. Si racconta che l’11 marzo 1797 Napoleone Bonaparte soggiornò per una notte in città e l’indomani raggiunse la cima del monte San Martino, per osservare i movimenti dell’armata asburgica che si trovava al di là del Piave.
Nel 1815, dopo una serie di sconvolgimenti politici, tutta la zona asolana diviene definitivamente austriaca ed entra a far parte del Regno Lombardo-Veneto.
I nuovi governanti si occuparono di vari interventi edilizi, che videro la costruzione di nuove infrastrutture, ma, purtroppo, anche la demolizione di antiche vestigia. Nel 1820, ad esempio, venne abbattuta parte del castello, mentre il Teatro Comunale venne restaurato nel 1857.
Nel 1866 Asolo passa come tutto il Veneto al Regno d’Italia e, dopo questo avvenimento, l’amenità del luogo attira un gran numero di intellettuali, soprattutto stranieri, tra i quali Robert Browning, Eugene Benson, Henry James, Freya Stark ed Eleonora Duse.
Molto tempo dopo, l’11 novembre 2018, Asolo ha visto la presenza di un gruppo di rappresentanti dell’Associazione “COMPAGNIA DEGLI ANELLI”, che, con i loro abiti/costumi d’epoca, hanno dato vita a un momento di “colore”, nel corso di una giornata grigia, che poco ha avuto a che fare con l’attesa “estate di S. Martino”.
Ecco qualche foto, Asolando…..
appunto!
Compagnia degli Anelli, in collaborazione con la scuola di danza DanzaCity e con i musicisti di Flute Academy, dà vita ad una singolare partita a dama, dove si fondono musiche barocche con la danza classica e il ‘700 veneziano.
La partita, evento unico nel suo genere, viene giocata da due squadre di figuranti in abiti del ‘700, su una grande damiera posta a terra, dove le pedine sono lanterne bianche e nere, accese.
Tutto questo per la prima volta a Padova, dopo il consenso di pubblico a “Lanterne alle Terme”.